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Sui diritti dell’infanzia

di Rosa Armocida

Non ho idea di quanta consapevolezza vi sia nelle persone e nel mondo dell’importanza di richiamare alla memoria un evento di così grande rilievo: l’adozione da parte dell’ONU, il 20 n0vembre del 1989, della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. Di certo questa mostra, “L’INFANZIA RUBATA”, ci richiama al nostro dovere di riflettere sulla attuale condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nel mondo, nei paesi cosiddetti sviluppati e nei paesi in via di sviluppo.
La Convenzione, scaturita dopo un lungo confronto durato dal 1979, data di insediamento dell’apposito gruppo di lavoro, al 1990, comprende un’elencazione (54 articoli) ad ampio spettro dei diritti fondamentali dell’infanzia. Ne cito solo alcuni:

  •  il diritto a non essere discriminati ( tutti i bambini sono uguali);
     il diritto di vivere e sopravvivere;
     alla salute;
     all’istruzione;
     a non vivere in miseria;
     ad avere un nome e un’identità, a non dover essere bambini in fuga dai loro paesi;
     al tempo libero, allo svago, al gioco:
     a non essere sfruttati, trattati come merce, venduti, rapiti;
     a non essere utilizzati come manodopera minorile;
     a non essere torturati, assoldati precocemente e addestrati alla violenza e alla guerra….

C’è voluto tempo per raggiungere una diffusa sensibilità nei confronti dell’infanzia, per divenire consapevoli che l’attenzione per bambini e ragazzi rappresenta il nostro investimento sul futuro e oserei dire sulla sopravvivenza della nostra madre terra.
Bambini sani, “curati”, istruiti ed educati con amore, guidati nella loro crescita perché acquisiscano identità, saperi e capacità riflessive diventeranno uomini adulti capaci di scelte responsabili per un mondo ed una comunità mondiale più equa e più giusta.

Le condizioni di vita dell’infanzia, perlomeno nell’occidente sviluppato, sono migliorate rispetto a quelle descritte dalle eloquenti fotografie di questa mostra, anche se solo qualche decennio fa in Italia esistevano sacche di analfabetismo, soprattutto nel nostro sud, e tante situazioni di lavoro minorile.
Ho potuto constatare direttamente quest’ultimo aspetto ancora agli inizi degli anni ’70. Insegnavo in una scuola elementare di Settimo Torinese, zona periferica in ogni senso, con una forte presenza di immigrati dal Veneto e dalle regioni del Mezzogiorno.
Molti bambini venivano, fino a tarda notte, utilizzati nel montaggio a domicilio di penne a biro. La marca era l’Universal. Di questi bambini ricordo in particolare Carmelina, una bambina che a fine quinta aveva imparato a scrivere a malapena. Per l’intero ciclo non parlò con i compagni, né raccontò di sé; rispondeva a monosillabi.
Aveva un viso adulto in un corpo minuto, sguardo stanco, un sorriso appena accennato. Ogni mattina arrivava a scuola ancora addormentata. La sua famiglia era numerosa; il lavoro del padre saltuario; per questo Carmelina e i suoi tre fratellini montavano penne nel tempo non scolastico. Non sapeva cosa fosse giocare.
L’incontro con questi bambini mi rese consapevole che in ogni tempo e in ogni contesto sociale occorre prioritariamente rispettare il diritto di ogni bambino ad essere considerato semplicemente bambino, aiutato nella sua crescita senza essere precocemente adultizzato.

Ma torniamo all’oggi con uno sguardo rivolto alla situazione generale.
Secondo un recente rapporto UNICEF i bambini e gli adolescenti sono 2,2 miliardi e costituiscono il 31% della popolazione mondiale. Già solo questo dato dovrebbe indurci a pensare come investire su di essi sia assolutamente fondamentale.
Ma qual è la realtà?
Sempre secondo dati UNICEF, che si attestano al 2012, 61 milioni di bambini in età di scuola primaria sono esclusi dal diritto all’istruzione, il 42% di essi vive in paesi colpiti da un conflitto armato. Almeno 250 milioni non sanno leggere, scrivere, contare con padronanza; 171 milioni di bambini sotto i cinque anni nei paesi in via di sviluppo sono affetti da ritardi nella crescita imputabili a malnutrizione.
Secondo dati ancora più recenti 6,6 milioni sempre sotto i cinque anni sono morti per cause che si sarebbero potute evitare; un bambino su quattro in tali paesi svolge un lavoro che lede il suo diritto all’istruzione, al tempo libero e alla protezione dallo sfruttamento. Sempre l’ UNICEF stima in 300.000 i bambini soldato e secondo l’ONU nel 2011 sono stati utilizzati bambini soldato in tre continenti. Di questi il 30% di sesso femminile. Altro dato impressionante è il numero di bambini e ragazzi morti nei conflitti armati.

Come dicevo si sono fatti passi da gigante dalla data di adozione della Convenzione:

  • 90milioni di bambini al di sotto dei cinque anni sarebbero morti se non fossero stati vaccinati, non avessero avuto accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari;
  • vi è stata una riduzione del 37% del ritardo nella crescita per malnutrizione cronica e l’iscrizione alla scuola primaria si avvicina al 90% anche se nei paesi in via di sviluppo permane una discrepanza tra i bambini e le bambine più penalizzate nel loro diritto all’istruzione.

Quindi c’è ancora moltissimo da fare. Tanto è vero che l’ONU, affrontando i problemi gravi del pianeta, definì gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio sottoscritti dai 193 stati membri. Tra gli otto obiettivi, subito dopo il primo riguardante lo sradicamento della povertà estrema e della fame nel mondo, viene indicato quello di rendere universale l’istruzione primaria e a seguire ridurre la mortalità infantile.
I dati cui ho fatto riferimento dimostrano che ancora alla scadenza del 2015 c’è molto da fare.
Le immagini cruente che ogni giorno vediamo in televisione di barconi capovolti, di esseri umani in fuga, alla ricerca di un approdo sicuro, di cadaveri raccolti sulle nostre spiagge, i numeri raccapriccianti di annegati e di bambini morti nelle tragiche attraversate mi fanno rabbrividire.
Tempo fa ho visto un film di produzione cinese che raccontava di una ragazza, un’adolescente, insegnante di un gruppo di bambini di un villaggio rurale. Uno di questi si allontanò dalla scuola (non ne ricordo il motivo) a sua insaputa. Lei affidò i suoi bambini alla bambina più grande e partì per la città, affrontando un viaggio lungo e mai fatto, per recuperare quel bambino. Il titolo del film è “Non uno di meno”
E così dovrebbe essere: non uno di meno sottratto ai suoi fondamentali diritti di vivere con piena dignità di essere umano.
Voglio concludere con le parole di Papa Francesco. In una recente udienza generale ha detto:

“…non scarichiamo sui bambini le nostre colpe, che ne facciamo delle solenni dichiarazioni dei diritti del bambino? Ci vuole passione per i bambini. Ogni bambino emarginato, abbandonato, che vive per la strada mendicando è un grido che sale a Dio e accusa il sistema che noi adulti abbiamo costruito. E purtroppo questi bambini sono preda dei delinquenti che li fruttano per molteplici traffici o commerci, o addestrandoli alla guerra o alla violenza…… Anche nei paesi cosiddetti ricchi tanti bambini vivono drammi che li segnano in modo pesante a causa della crisi della famiglia, dei vuoti educativi e di condizioni di vita a volte disumane. In ogni caso sono infanzie violate nel corpo e nell’anima. Nessuna delle loro lacrime va perduta come neppure la nostra responsabilità, la responsabilità sociale, di ognuno di noi e dei Paesi.”

Contributo per la presentazione della mostra “L’infanzia Rubata” del Comune di Alpignano (12/12/2015 )