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Rodari e Munari, immaginazione e creatività

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A cura di Emilia De Rienzo

Ci si lamenta molto della scuola di oggi, delle ultime riforme e a ragione. Si parla forse con un po’ di leggerezza della scuola di “una volta” e a volte non si capisce di quale scuola si parla. La scuola dagli anni sessanta in poi è stata una scuola in continuo fermento, molto variegata al suo interno.

In quegli anni è cominciata una lotta, mai veramente compiuta che ha dato vita ad un movimento che fondava le sue basi su un comune orientamento democratico. Era un movimento che partiva dal basso contro un potere sordo ed ostile ad ogni cambiamento. Si lottava giorno dopo giorno realizzando nei fatti lo svecchiamento della vita scolastica italiana. Uno dei movimenti in cui si riconoscevano molti insegnanti era il Movimento di Cooperazione educativa che cercava di creare un clima culturale ed una prassi operativa basati sul rifiuto del dogmatismo, sulla cooperazione, sulla tolleranza e sullo spirito critico.
A una scuola meramente trasmissiva e nozionistica, contrapponevano una scuola che si legasse maggiormente alla vita, l’antidogmatismo, la centralità degli interessi dell’alunno ed il suo bisogno di imparare facendo.

Rodari seguiva come osservatore partecipe e attento l’attività di questo Movimento, e diede il suo valido contributo, senza temere l’accusa di spontaneismo che talvolta veniva rivolta agli e alle insegnanti più creativi.


Rodari lavorava sulla potenzialità ludica della parola, colta come un frammento semantico su cui è possibile innestare combinazioni cognitive molteplici:

“[…] una parola gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente, per accettare e respingere, collegare e censurare, costruire e distruggere”.

In Rodari la creatività è la capacità di manipolare la realtà, di inventare storie, fare ipotesi e progetti. L’educatore per lui deve trasformarsi in “animatore, in promotore di creatività”: deve promuovere attività che comprendano tutte le discipline, all’interno delle quali il bambino diventi un creatore e produttore di valori e di cultura, rendendo la sua mente sempre più sensibile ai processi cognitivi divergenti, alla critica e al dissenso, al coraggio dell’utopia.

Come per Rodari la scrittura è testimonianza di libertà, così per Munari il segno è invenzione efficace, libera e irriverente nei confronti delle convenzioni. L’accostamento, anche casuale, di forme o parole fa volare lontani con l’immaginazione e tutto può essere proposto sotto forma di gioco.
La creatività, usando parole per Rodari e immagini per Munari, non è fine a se stessa, ma svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo autonomo del pensiero.

La creatività, per Gianni Rodari, ha le sue basi nell’immaginazione che l’educazione dovrebbe stimolare nei ragazzi. Il suo punto di partenza sempre la realtà e l’esperienza, ma, proprio per questo, è necessario che il bambino “possa crescere in un ambiente ricco di impulsi e di stimoli, in ogni direzione”.
I bambini e i ragazzi, se sono aiutati ad avere momenti che favoriscano un loro atteggiamento creativo, possono diventare uomini capaci di mutare la società proprio perché sanno usare la propria immaginazione e vedere altri mondi possibili.
La creatività è sinonimo di quel pensiero divergente che è capace di rompere continuamente gli schemi dell’esperienza:

“È creativa una mente sempre al lavoro, sempre a far domande, a scoprire problemi dove gli altri trovano risposte soddisfacenti, a suo agio nelle situazioni fluide nelle quali gli altri fiutano solo pericoli, capace di giudizi autonomi e indipendenti, che rifiuta il codificato, che rimanipola oggetti e concetti senza lasciarsi inibire dai conformismi”.

Giocare con le cose serve a conoscerle meglio; d’altra parte coloro che sono portatori di una maggiore quantità di conoscenze sono anche potenzialmente portatori di una maggiore possibilità di rielaborarle in maniera creativa.

Anche per Munari la creatività forma un’intelligenza elastica, una mente libera da preconcetti d’ogni genere, pronta a modificare le proprie opinioni quando se ne presenta una “più giusta”, in quanto la creatività si forma e si trasforma continuamente.
Nel 1974 Munari scrive l’articolo Proposta di una scuola di design che comincia dall’asilo. La metodologia, la creatività e l’autocritica, sono per lui indispensabili per formare individui con una particolare mentalità di tipo progettuale, i bambini devono poter sperimentare in modo graduale strumenti e regole, manipolare materiali, affinare la capacità di osservare e memorizzare nuovi dati, scambiare le proprie esperienze con quelle altrui.

Secondo Munari non si può stabilire un confine preciso tra fantasia e creatività, in quanto i prodotti di entrambe nascono da relazioni che il pensiero stabilisce con ciò che già conosce. È evidente che non si possono intrecciare relazioni tra ciò che non si conosce: un individuo di cultura limitata non potrà avere una fantasia molto fervida.
“Se vogliamo che il bambino diventi una persona creativa, dotata di fantasia sviluppata e non soffocata dobbiamo fare in modo che memorizzi più dati possibili, nei limiti delle sue possibilità, per permettergli di fare più relazioni possibili, per permettergli di risolvere i propri problemi ogni volta che se ne presentano”.
La creatività va insegnata e stimolata attraverso il processo educativo: consegnando al bambino gli strumenti indispensabili per la sua conoscenza, e utili per attivare il pensiero divergente.

Rodari e Munari sono due artisti hanno la stessa finalità pedagogica del loro metodo creativo, credono che si importante e fondamentale relazionarsi ai bambini non sottovalutando le loro potenzialità, poiché tutti i bambini hanno dentro di sé il loro lato creativo che aspetta solo l’occasione giusta per attivarsi e che sicuramente non va bloccato.
Nel perseguire il loro obiettivo, entrambi procedono con leggerezza, facendo tesoro della possibilità liberatoria offerta dall’invenzione, nella convinzione che la “sospensione”, il non dire tutto, stimoli ulteriormente la fantasia. Insieme hanno lavorato in diverse occasioni e ci hanno regalato non solo libri, invenzioni, ma anche idee per stimolare la nostra immaginazione e diventare insegnanti creativi.
Oggi dobbiamo guardare a questi maestri e a tanti altri di cui potrò parlare in seguito che ci aiutano a non bloccarci di fronte ai muri della burocrazia e delle riforme che a questa si ispirano.

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