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Cosa mi ha insegnato Basaglia…

Intervista a Germana De Leo

D: Cosa pensavi di Basaglia e delle sue lotte contro il manicomio e l’istituzionalizzazione dei malati mentali?

R: Basaglia aveva sperimentato l’Ospedale Psichiatrico Aperto, anzi la sua demolizione e scomparsa come concetto-vocabolo, auspicando il reinserimento dei matti alla vita sociale.
Dal luogo chiuso al luogo aperto: da qui sono nati i servizi per la salute mentale di territorio invece che i reparti e i manicomi. Su quell’onda sicuramente anche io ho mosso i primi passi quando da studente si contestavano
i manicomi, loro a Trieste, noi a Collegno, Grugliasco e Novara: figurati, io, giovane studente di medicina, stavo facendo tirocinio interno proprio a Villa Azzurra, la famigerata Villa Azzurra del prof. Coda, dove si legavano i bambini disabili ai termosifoni, per dire la cosa più lieve!! Scandalo emerso e rimasto di pubblico dominio per anni dopo!!
Ho reincontrato Basaglia anni dopo, ormai ero  medico specialista e credo già incaricata dal Comune di Torino di trasformare i Servizi di Medicina Scolastica in Servizi di Neuropsichiatria infantile, dall’assessore di allora Rosalba Molineri (*).

Da lui ho imparato  il coraggio di osare ad abbattere le barriere del silenzio, della connivenza, della precarietà; quella connivenza che obbliga il medico a non curare i pazienti o a non dirigere un servizio sanitario, come il suo codice etico, il suo ruolo professionale, la sua conoscenza scientifica, la sua coscienza umana gli imporrebbero di fare in piena deontologia secondo il “giuramento d’ippocrate” su cui si fonda la nostra professione medica.

Ho anche, per così dire, seguito le orme di Basaglia… Perché mi ha dato il coraggio, mi sono sentita autorizzata in cuor mio dal suo esempio, di sperimentare nel campo, nel contesto di una comunità non chiusa ma aperta di “matti, di pazienti”, senza perdere il ruolo di neuropsichiatra, di terapeuta. Però la mia sperimentazione era ben altra da quella di Basaglia: per lui  era aprire una comunità costituita psichiatrica, per me era comporre una comunità aperta (non psichiatrica).

Come lui sognava la rete dei servizi per la salute mentale, anche noi, neuropsichiatri infantili, sognavamo la rete per la salute mentale dell’infanzia e adolescenza, la rete dei servizi ospedale-territorio di neuropsichiatria infantile, ma Basaglia riuscì a far passare e approvare la legge 180, invece nessun neuropsichiatra infantile, fino ad ad oggi, ha avuto la costanza, la coerenza, il coraggio di percorrere fino in fondo quel sogno, come ha fatto Franco Basaglia, per ottenere una legge oltre la 180 e sue collegate, una legge istitutiva e di governance della rete per la salute mentale dell’infanzia – adolescenza – famiglia.
Chissà se nel prossimo cambio di governo nazionale e regionali emergerà una nuova e diversa attenzione ai problemi di questa parte della sanità pubblica !?!?

D: Oggi come vedi la situazione?
R: Non credo possibile un cambiamento di rotta delle politiche socio sanitarie e  del welfare attuali. E’ indubbio che curare riabilitare prevenire assistere le fasce deboli, assorba dei costi fortissimi insostenibili nella maggior parte dei Paesi, ed è oggettivo, siamo inevitabilmente di fronte a una situazione cronicamente in dissesto, in deficit.
Ma è deludente vedere che non ci si preoccupi, di saper far funzionare il poco/tanto che c’è in modi più efficaci e incisivi, evitando sprechi e “malaffari” che depauperano e stornano le risorse da quelle che dovrebbero essere gli impegni prioritari, la qualificazione, la formazione permanente del capitale umano degli operatori e dei medici della sanità pubblica.
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(*)
Illuminata persona Rosalba Molineri , che ricordo con affetto per la intelligenza e sofferenza con cui ha condotto il suo assessorato politiche sociali con la quale abbiamo condiviso il sogno dei servizi di rete di territorio a dimensione della persona e della famiglia.
Lei idealista, ci ha rimesso le penne perché era una politica PCI che ad un certo punto non si è allineata, io idealista invece ci ho guadagnato perché, sono rimasta al mio piccolo ruolo di tecnico (utile comunque alla macchina istituzional-politica) nel quale l’Assessore Molineri e il Sindaco Novelli mi avevano messa, fuori dai giochi d’onda delle volontà e delle linee politiche, perché esterna alla macchina comunale,  essendo allora ancora Dipendente dell’Ordine Mauriziano
Da quella esperienza di lavoro ed amicizia con lei ho imparato che con costanza, onestà e umiltà, i sogni sono realizzabili e che un servizio pubblico per la salute di tutti, non è solo un sogno oggi come ieri, ma è una realtà da difendere e rinnovare costantemente.

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