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Due parole sull’apprendimento (da un corso di formazione)

De Leo: Conosco la scuola dall’esterno attraverso i bambini, attraverso i loro vissuti; attraverso anche gli insegnanti, visto che ci occupiamo, nell’associazione in cui lavoro, anche di formazione per la prevenzione.

In particolare ci occupiamo dei processi di apprendimento in funzione della prevenzione e non solo dell’integrazione. Infatti quando parliamo di bambini con disturbi della apprendimento, nel nostro immaginario vediamo un “disabile medio-grave-lieve”. Quando pensiamo al bambino che non apprende, abbiamo in mente troppi stereotipi: si può non apprendere in tanti modi diversi. Si può non apprendere anche apprendendo.

Pensate al vostro curriculum scolastico, pensate a quanto avete studiato nella vostra carriera scolastica e chiedetevi: ho appreso tutto quello che mi hanno insegnato? Allora scoprirete che, nonostante voi abbiate studiato, e abbiate studiato anche bene, ci sono delle larghe fette del vostro bagaglio culturale, del vostro sapere personale, che sono in ombra rispetto ad altre. Questo riguarda l’esperienza di chiunque. Se voi insegnanti non fate questo piccolo esercizio di memoria e se non vi ricordate il modo in cui voi stessi avete appreso, rischiate di mettervi di fronte ai bambini da un punto di vista teorico e pensate che, se un bambino ha appreso, ha appreso, se ha imparato ha imparato.
Invece quasi mai l’individuo apprende tutto ciò che sta imparando. Non può imparare tutto ciò che gli viene insegnato.

Questo perché il poter apprendere dipende da una disponibilità interna, in quel momento, dell’individuo, che può essere estremamente varia, indipendentemente sia dai suoi strumenti, sia da ciò che gli viene dato come insegnamento.

Dipende da una commistione, da una ricetta, da una mistura arcana: è l’incontro tra ciò che avviene dentro l’individuo e ciò che incontra come stimolo, che permette o no di imparare e che permette che ciò che si sta imparando sia effettivamente interiorizzabile, interiorizzato, memorizzato, utilizzato, concettualizzato, unito con altri concetti.

Questo è quanto avviene nell’apprendimento: la conoscenza si costruisce in questo modo. Eppure tutto questo ha qualcosa di non organico;  non è possibile stabilire delle tappe propedeutiche alla capacità di imparare in una persona. Questi ingredienti complessi, questa ricetta arcana che ci permette di imparare di più o di meno dipende non da dati oggettivi, ma da tanti eventi di cui non tutti sono oggettivabili.

Prendiamo per esempio il bambino a cui avete tante volte spiegato quanto fa 4+4. Lui ha capito, ma per lui ci sono certi giorni in cui 4+4 non fa 8, non lo sa fare! E’ diventato improvvisamente stupido? Ha improvvisamente dimenticato tutto ciò che sembrava aver concettualizzato? Evidentemente sta attraversando un momento in cui questo minestrone arcano non funziona, perché il suo arcano è da un’altra parte rispetto ciò che gli state chiedendo.

Le difficoltà di apprendere fanno parte della capacità di apprendere. Non esiste capacità di apprendere senza difficoltà di apprendere. Quindi quando parliamo di difficoltà non dobbiamo avere in mente soltanto i bambini che rientrano nella categoria dell’handicap, ma dobbiamo pensare all’apprendere in generale, ciò che significa anche nella vostra esperienza di insegnanti che devono stimolare l’apprendimento dei bambini e che hanno la responsabilità, a loro volta di apprendere dall’esperienza che fanno con il bambino, perché altrimenti non sono maestri. Quindi vi propongo una riflessione sull’apprendimento visto in questa accezione, in questa funzione totale, perché l’apprendere fa parte della vita, fa parte dell’essere dell’individuo: del bambino nella sua crescita, dell’adulto nella sua capacità di essere un buon professionista.

N.d.R.: Estratto da verbali di registrazione Open Group -Interlocuzioni e risposte di Germana De Leo (neuropsichiatria infantile) – Corso di Formazione “ Educare Dialogando”