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Usare i social network, ma vigilare anche su noi stessi

di Emilia de Rienzo

Stiamo vivendo un momento storico di vorticosi cambiamenti che hanno rivoluzionato il mondo politico ed economico, ma anche profondamente la nostra vita individuale, collettiva e sociale .
E’ cambiato il nostro modo di comunicare. Siamo connessi. In continua connessione. I social network sono diventanti luoghi di incontro fondamentali per molte, moltissime persone. E non sono solo i giovani a frequentare questi spazi.
Tutto sta succedendo troppo in fretta, e ognuno di noi rincorre novità che poco tempo dopo sono diventate già obsolete.

Non si tratta di demonizzare questi straordinari mezzi, impensabili fino a poco tempo fa. Si tratta di fermarci a comprendere gli effetti che essi possono avere su di noi, prima che siano loro a dominarci e a dettarci le regole e di verificare se non l’hanno già fatto con estrema sincerità verso noi stessi.
Oggi veniamo in contatto con mondi e persone che una volta non avrebbero potuto mai incontrarsi. Questo è sicuramente un’opportunità ed è molto allettante. Le nostre vite e le nostre menti potrebbero aprirsi a nuove realtà, intrecciare nuove relazioni, passarsi informazioni in tempo reale.

Ma non possiamo fare a meno di porci delle domande: se i legami sono più numerosi non sono anche necessariamente più fittizi e più deboli. Non stiamo sottraendo tempo a creare legami più profondi e forti? Non stiamo rinunciando a costruire reti solidali là dove si vive e si abita?

Certamente i legami nella realtà sono più complicati, più difficili, richiedono impegno, dedizione e tempo. Spesso ci rinunciamo perché soggetti ad aspettative troppo forti, a richieste troppo impegnative. Ci obbligano ad esporci, a metterci in gioco e si può rimanere delusi. Le sconfitte pesano e non sempre siamo in grado di reggerle.
Eppure la sconfitta fa parte della vita, ci aiuta a comprendere anche qualcosa di noi non solo dell’altro.
E solo un amico vero può guardare noi dall’esterno e vedere quello che noi non vediamo. Nel confronto con lui possiamo cambiare, metterci in discussione, trovare altre strade.
Solo un amico vero può accompagnarci nel nostro cammino, alla ricerca di un senso, di mete, di obiettivi. Solo con un amico vero possiamo toccare quel mondo che teniamo spesso nascosto anche a noi stessi, possiamo condividere quella parte intima di noi che ci costituisce.

Stiamo quindi attenti a tutelare l’amicizia nella nostra vita anche se comporta dei rischi, anche se richiede tempo e pazienza. E’ l’unico spazio che ci rimane per costruire un nostro microcosmo, per rimanere in contatto con noi stessi e con i nostri limiti, per affrontarli. Per aiutarci nei momenti più difficili che sempre attraversiamo nella nostra vita. Altrimenti rischiamo l’isolamento, la solitudine che per ogni persona è devastante.

Forse l’amico che fuggiamo siamo proprio noi stessi, il dialogo che rifiutiamo è proprio quello più profondo con la nostra anima. Ci seppelliamo sotto “le cose da fare”, “per non trovarci – come dice Umberto Galimberti – mai a tu per tu con questo sconosciuto che lo sguardo accogliente dell’amico potrebbe incominciare a raccontare, a delinearne i contorni, a propiziarci l’incontro. È infatti la scoperta di noi quello che l’amicizia favorisce e propizia. Perché è con se stessi che bisogna essere leali, non necessariamente con il “vecchio amico”.

Nei social network viene meno anche un’altra nostra componente: il corpo. Le nostre comunicazioni sono verbali e non corporee, e il corpo ha una segnaletica a cui neanche le parole riescono ad arrivare: lo sguardo, i gesti, i sorrisi, l’espressione del volto, la postura… Ha un linguaggio affettivo insostituibile e necessario per ognuno di noi.

E che ne è del nostro pensiero? della riflessione, del dialogo? del ricercare soluzioni ai problemi non in modo semplicistico, ma accettando la complessità? Internet ci sottopone a sovrastimolazioni che ci portano spesso a cliccare di qua e di là senza mai permettere al pensiero di essere formulato con lentezza, tenendo conto di più variabili e punti di vista. Il pensiero ha bisogno di riposo non di velocità, ha bisogno di sedimentare, di essere messo in discussione, per trovare un cammino non dogmatico e unidirezionale.

Dobbiamo essere sospettosi, non solo degli altri, ma dei processi che possono mettersi in atto anche dentro di noi, senza che ce ne rendiamo conto. Come siamo stati forgiati dalla televisione, così lo possiamo essere anche da internet, che crea abitudini, schemi mentali, ci bombarda di informazioni che non troviamo mai il tempo di verificare o confrontare. Non tutto è lasciato al caso.
Perché dire “chiedere l’amicizia”, quando sappiamo benissimo che di amicizia almeno all’inizio non può trattarsi. Non ci vuole magari indurre a crederlo davvero? Non svuota una parola così importante, così come si stanno svuotando in questi tempi altre parole?

Non illudiamoci di far politica solo nei luoghi virtuali, possono essere un mezzo, ma la politica vera si costruisce passo per passo e deve trovare radici nel territorio dove si abita e lavora. Deve vivere nei gesti concreti e quotidiani, parlando con la gente, convincendo e non cercando solo di vincere.

Io non credo che né si possa né si debba tornare indietro. Sono sicura che questo mezzo possa allargare i nostri orizzonti a patto però che siamo noi a controllare lui e non lui a controllare noi.

Usiamo questi strumenti, ma vigiliamo anche su noi stessi. Non perdiamo il nostro spirito critico e non lasciamo che ci rubino troppo tempo alla vita, quella della quotidianità, forse meno affascinante apparentemente, ma più vera.
Facciamo in modo se mai che il virtuale possa diventare reale, creando connessioni vere, dialoganti, stimolanti. Io credo che può essere possibile. Ma dobbiamo cercare le strade e staccare la spina, per riattaccarla solo in modo controllato stando attenti ad un pericolo reale ed insidioso: la dipendenza.

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