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DIARIO DI UNA MAMMA IN QUARANTENA

Da mesi mi sentivo sola ed incompresa e credo che anche mio figlio si sentisse così, ognuno sulla propria isola e nessuno che riuscisse a raggiungere a nuoto l’altro, ognuno arroccato nelle proprie paure e nelle poche certezze che aveva. Ora a ripensarci mi vengono i brividi, come può una mamma non sentire i bisogni di un figlio? questo mi rattrista molto, ma oggi so darmi una risposta; ero una mamma confusa che non riusciva a sentire neanche i suoi di bisogni, ero disorientata di fronte al fatto che mio figlio arrivato alla soglia dei tre anni non parlasse e si mostrasse continuamente agitato, lui che era sempre stato un bambino sano, sveglio competente ed affettuoso, mi chiedevo perché ad un certo punto aveva arrestato la sua crescita, come mai era diventato così difficile comprenderlo e comunicare con lui, allora ho avuto paura ed ho cercato una spiegazione “medica”,
la visita dal foniatra e dal neuropsichiatra mi hanno disorientato ancora di più, poiché nel momento in cui mio figlio aveva più bisogno di comprensione e di sentirsi rassicurato ( in quel periodo era venuto a mancare il nonno, quindi sentiva tutta la tristezza ed il disagio del padre, era il momento in cui stavamo togliendo il pannolino) io ho iniziato ad alzare l’asticella e a pretendere sempre di più da lui, forzandolo su una strada che non era la sua, e più pretendevo e non ottenevo più il
mio livello di ansia, di angoscia e di impotenza cresceva fino ad arrivare al punto di credere che mio figlio avesse un problema legato ad uno spettro autistico.
Così un giorno di marzo in pieno lockdown decisi di rivolgermi on line ad uno specialista , ricordo la mia prima telefonata carica di ansia, parlammo della didattica a distanza e quando le raccontai dell’episodio di Valerio che piangeva e si emozionava tantissimo quando vedeva la sua maestra nei video, lei mi fece notare che un bambino che avesse avuto un problema dello spettro autistico non avrebbe avuto una reazione del
genere, così emotiva di contentezza , nel vedere la sua maestra, queste parole mi tranquillizzarono subito,
Finalmente potevo togliermi dalla testa quel pensiero che mio figlio avesse dei problemi di quel genere.
Nei giorni successivi il fatto di essermi tolta dalla testa quel pensiero già mi faceva interagire con mio figlio in modo diverso era come se potessi guardare con occhi nuovi tutto quello che faceva.
Durante le successive sedute telefoniche sono emerse tutte le mie difficoltà, l’ansia di doverlo proteggere e di sovrappormi a lui.
Capire queste cose, capire dove stavo sbagliando mi ha aiutato ad impostare una relazione diversa con mio figlio basata sulla reciprocità, ho smesso di pensare a quello che volevo io e mi sono sintonizzata con il bisogno del bambino ad esempio cercavo di capire sempre se aveva voglia di fare qualcosa oppure no.
Cambiando la mia prospettiva- da subito il bambino ha iniziato ad essere meno agitato motoriamente e più rilassato.
Avendo tanto tempo a disposizione , come mi suggeriva la consulente, abbiamo giocato tanto insieme, creato, inventato, dipinto, sperimentato, pasticciato , l’ho lasciato libero di sperimentarsi, di sporcarsi , di sbagliare e di provare e riprovare a fare le cose, cercavo di osservarlo senza intervenire ed ho capito che la maggior parte delle volte i bambini seguono il loro istinto, il loro sentire, e sanno sempre qual è la cosa più giusta da fare non solo nella vita pratica ma anche in quella emotiva.

ll bambino ha iniziato a tirare fuori parti di sé senza timore di mostrarmele ed io ero pronta ad accoglierle, non è neanche semplice per me ora mettere per iscritto un percorso emozionale e conoscitivo che è stato molto intenso, a volte sembra che manchino le parole per descrivere cosa si prova in certi momenti.

Durante questo percorso ho capito tante cose, una ad esempio che dovevo imparare ad accogliere mio figlio quando fa i capricci, quando mostra emozioni di rabbia e di collera, certo è facile accoglierlo quando è pieno di gioia, brillante e allegro ma bisogna accogliere tutte le emozioni.
Una mattina mio figlio a colazione voleva la cannuccia rossa per bere il latte dalla tazza, ma non ne avevamo, allora ha iniziato ad agitarsi a piangere perché voleva a tutti i costi una cannuccia rossa. Mentre continuava a piangere è venuto in braccio a quel punto gli ho detto “mi dispiace che volevi proprio la cannuccia rossa e mamma non ce l’ha, mi dispiace proprio tanto perché so che rosso è il tuo colore preferito”,
gliel’ho detto sinceramente e lui piangendo si è voltato mi ha guardato mi ha
abbracciato e si è calmato,
poi ha preso la sua tazza e la sua cannuccia verde ed ha fatto colazione. la brutta nuvola nera era passata !

Non mi sono arrabbiata, non ho alzato la voce, l’ho accolto, ho accettato la sua ribellione, il suo capriccio e lui in quel modo si è accertato che io c’ero (nella relazione) e che potevo capirlo e questo gli è bastato.

Mi colpì un giorno un episodio che vidi in un negozio di giochi dove vidi una famiglia composta da padre madre e bambina, la scena era questa; la bambina voleva comprare la pasta da modellare, il padre avrebbe voluto accontentarla ma la madre era molto arrabbiata poiché riteneva che quello non era il gioco adatto a lei e le voleva comprare un gioco di società e la bambina che non voleva e continuava a ripetere di voler la pasta da modellare. La scena mi coinvolse molto poiché provai empatia per tutte quelle persone, riuscivo a capire l’impotenza del padre che
avrebbe voluto accontentare la figlia ma aveva la moglie contro ( e pensai a quante volte anche mio marito si fosse sentito così), vedevo la tristezza ed il dispiacere della bambina che aveva voglia di giocare e di esprimersi in quel momento in quel gioco e non in un altro ed il suo malcontento perché non riusciva a capire perché ciò non era possibile infondo rivendicava solo il suo bisogno di bambina di giocare con quello che voleva, e poi capivo la mamma che riteneva più adatto un altro gioco forse mossa dalla volontà di voler fornire uno stimolo diverso( quante volte anche io avevo scelto al posto di mio figlio ritenendo bonariamente di star facendo la scelta
più giusta per lui). Osservando questa situazione capii che in fondo non c’era nulla di male se la madre avesse accontentato la figlia perché la bambina chiedeva solo di potersi sperimentare in un gioco e in quel momento voleva proprio fare quel tipo di esperienza e non un’altra.

Sto provando a togliermi dalla testa tutte quelle manie di perfezionismo che non mi permettono di far vivere a mio figlio le giuste esperienze.
Ho capito che bisogna accettare quelle che noi vediamo come le imperfezioni dei nostri figli perché questa è semplicemente la strada per accettare noi stessi e che l’accettazione di noi stessi passa attraverso l’accettazione dei figli!
Amo follemente il mio bambino e credo che sia a modo suo un bambino
straordinario, non voglio essere una mamma mediocre voglio essere una mamma che sappia ascoltare, capire, incoraggiare certo si può sbagliare, ma bisogna imparare dai propri sbagli.

Oggi dopo questo percorso durato 5 mesi sono cambiate tante cose, il bambino è più sicuro di sé inizia ad interagire di più con gli altri si esprime di più e meglio verbalmente, riesce a esprimere i propri bisogni e i propri disagi.
Anche io mi sento più serena.

Ho imparato in questo periodo “guidata e sostenuta” ad amare mio figlio per quello che è , ho capito che l’importante è che sia felice nella sua unicità

Ho capito che un figlio non è il bambino che avevamo in mente e che bisogna imparare a conoscersi durante tutte le situazioni delle nostre vite .

C.C. una mamma